SPEDIZIONE CON PACCO ANONIMO
Disforia di genere - Cos'è?

Disforia di genere – Cos’è?

 

Identificarsi col sesso opposto da quello associato alla nascita a tal punto di scegliere di viverlo.

Negli ultimi anni, la disforia di genere (DG), precedentemente definita “transessualismo” o “disturbo dell’identità di genere”, ha ricevuto una grande quantità di attenzioni, in tutte le forme di media, che hanno certamente contribuito ad una maggiore visibilità e ad almeno una parziale “destigmatizzazione” delle persone interessate.
Allo stesso tempo si è osservato un aumento nel territorio nazionale del numero di cliniche specializzate nell’identità di genere, un incremento degli invii ai servizi specializzati e un aumento in letteratura degli studi dedicati a questo argomento.
La dimensione della popolazione transgender in Italia, come nel resto del mondo, non è ben nota.

Le stime, ad oggi, suggeriscono una prevalenza mondiale intorno allo 0.4-1.3%.
È particolarmente problematico valutare l’incidenza e la prevalenza di questi disordini per la difficoltà nell’isolare le categorie diagnostiche: è, infatti, diverso considerare tutta la popolazione transgender o le sole persone che si rivolgono ai centri specializzati, che, a loro volta, sarebbero divisibili in altre sottocategorie.
Transgender è un termine generico utilizzato per descrivere diverse categorie di persone che mettono in discussione l’idea che il sesso assegnato ad un individuo alla nascita sia sempre in relazione lineare e causale con quella che sarà la sua identità di genere e orientamento sessuale. Esistono diversi scenari di transizione, è importante sottolineare che non tutti gli individui transgender decidono di sottoporsi a trattamenti affermativi/confermativi del loro genere: alcune persone si sottopongono a terapie ormonali e interventi chirurgici, altre solo a terapie ormonali, altre decidono di non sottoporsi a nessuna terapia e di modificare solo alcuni aspetti esteriori (come ad es. l’abbigliamento), altre ancora decidono di non modificare nessun aspetto, pur identificandosi comunque con una identità transgender.
Infine, le scelte di genere non sono sempre riducibili a scelte di identità di genere binarie, alcune di queste persone, infatti, si identificano con una identità transgender che non riflette sempre le opposizioni di genere tradizionali.

Parliamo allora di non-conformità di genere, alcuni individui si identificano come “genderqueer”, il che significa che potrebbero identificarsi come maschi o femmine, nessuno dei due o da qualche parte nel mezzo.
Queste diverse categorizzazioni e il fatto che non tutti arrivano all’attenzione clinica rendono questo fenomeno difficile da stimare numericamente, però, risulta evidente un progressivo incremento negli anni della prevalenza, come dimostrato dall’aumento del numero di transessuali, sia maschi che femmine, negli studi più recenti.
Tuttavia, trattandosi principalmente di dati su persone che giungono all’attenzione del clinico, non si è attualmente in grado di fornire un quadro generale della prevalenza del fenomeno nella popolazione generale, laddove i tassi attesi sono di certo molto più elevati.
La stima di prevalenza indicata dal DSM-5 (APA, 2013) varia tra 0.005% e 0,014% per i maschi e tra 0,002% e 0,003% per le femmine.
Uno studio recente olandese (Kuyper, Wijsen, 2019) parla invece di percentuali più alte, prevedendo la presenza di DG nello 0,6% degli uomini e nello 0,2% delle donne.
Non è chiaro se tale incremento sia espressione di un reale cambiamento o se sia invece il risultato della maggiore facilità con cui queste persone fanno “coming out” come transgender, grazie alla maggiore, soprattutto in alcuni contesti, accettazione da parte della società, alla tendente depatologizzazione del fenomeno e alla crescente consapevolezza rispetto alle varie opzioni e procedure terapeutiche.

Ancora oggi molte persone transgender incontrano notevoli difficoltà nell’accedere ai trattamenti affermativi e confermativi del proprio genere. Barriere comuni comprendono problemi finanziari e assicurativi, mancanza di disponibilità di servizi con personale medico qualificato e specializzato in questo settore, oltre a paure e preoccupazioni relative alla mancata accettazione e rifiuto da parte dei familiari e della società in generale. Un gruppo di figure professionali qualificato e specificamente dedicato è senza dubbio la migliore risposta che si può offrire a queste persone, senza incorrere nel rischio di ulteriori discriminazioni.

Allo stesso tempo, fondamentale importanza riveste l’educazione, non solo dei professionisti della salute e di tutti coloro che si interfacciano a queste persone nelle varie fasi del percorso, ma anche della società e del mondo della scuola, in modo da superare lo stigma e i pregiudizi intorno a questa tematica, così gravemente impattanti sulla salute dell’individuo.

A tutt’oggi, tuttavia, persiste una forte mancanza di consapevolezza e formazione in quest’ambito da parte del personale sociosanitario, che certamente non aiuta a offrire alle persone transgender la tipologia di aiuto e sostegno di cui hanno bisogno.

Ne deriva che le persone transgender sono costantemente esposte a forme di discriminazione in ambiti quali la scuola, il lavoro, la ricerca di una casa, l’assistenza pubblica e l’assistenza sanitaria. A questo si sommano gli episodi di violenza psicologica, fisica e sessuale di cui sono troppo spesso vittime a causa della profonda transfobia che ancora esiste nella nostra società. A ciò si aggiunge, in molti casi, una transfobia interiorizzata, una forma di auto stigma consistente in un disagio rispetto alla propria identità transgender conseguente all’interiorizzazione dei pregiudizi sociali, con la costante aspettativa di essere sottoposti a discriminazione e la tendenza a nascondere la propria identità.

Appare evidente come sia auspicabile, in quest’ambito, la formulazione e l’adozione di modelli e di approcci che possano da una parte facilitare il “coming out”, che non fungano da ostacolo per la persona transgender, che siano quanto più possibile accoglienti e rispettosi dei bisogni specifici della singola persona, ma che, allo stesso tempo, possano garantire la massima tutela della salute psicofisica.

Psicologa Jole 

 

 

Bibliografia:
1. Arcelus J, Bouman WP, Van Den Noortgate W, Claes L, Witcomb G, Fernandez-Aranda F. Systematic review and metaanalysis of prevalence studies in trans-sexualism. Eur Psychiatry
2015; 30: 807-15.
2. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th edition. Washington, DC: American Psychiatric Association, 2013.
3. Crapanzano A., Carpiniello B., Pinna F. Approccio alla persona con disforia di genere: dal modello psichiatrico italiano al modello emergente basato sul consenso informato. Il Pensiero Scientifico Editore, 2021.
4. Kuyper L., Wijsen C. (2019), “Gender Identities and Gender Dysphoria in the Netherlands”, Archives of Sexual Behaviuor, epub ahead of print.
5. World Professional Association for Transgender Health. Standards of care for the health of trans-sexual, transgender, and gender-nonconforming people. 7th version. World Professional
Association for Transgender Health, 2012.

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Regalati un POPGASMO